Il virus dell’epatite A è la causa più comune di epatite virale acuta. Fino a 60-70 anni fa era particolarmente frequente nei bambini e nei giovani adulti, quella che i nostri nonni chiamavano “itterizia”.
Come si contrae il virus dell’Epatite A?
La diffusione del virus dell’epatite A si verifica per contagio oro-fecale e l’infezione è quindi più frequente in Paesi che non adottano idonee misure igienico-sanitarie soprattutto riguardo la sanificazione delle acque potabili ed il controllo delle acque marine costiere. Infatti l’ingestione dei frutti di mare crudi può essere responsabile dell’infezione.
La diffusione del virus nelle feci si verifica prima della comparsa dei sintomi e, di solito, cessa alcuni giorni dopo l’inizio dei sintomi.
Quali sono i sintomi dell’epatite A?
Nei bambini di età inferiore ai 6 anni, il 70% delle infezioni da epatite A è asintomatico o oligosintomatico. Al contrario, la maggior parte dei bambini più grandi e gli adulti hanno manifestazioni tipiche di un’epatite virale acuta, tra cui malessere generale, febbre e nausea; l’ittero, cioè la colorazione gialla della cute e delle sclere con emissione di urine ipercromiche (color marsala) e feci ipocoliche (chiare) si manifesta in oltre il 70% dei casi.
Si può guarire?
Per il virus dell’epatite A non è noto lo stato di portatore cronico, per cui la guarigione è di solito completa entro 2 mesi, tuttavia è sempre consigliabile il ricovero ospedaliero poiché in alcuni casi la malattia può avere un decorso più prolungato e in rari casi un andamento verso l’insufficienza epatica acuta.
Come si fa la diagnosi?
La diagnosi è essenzialmente di laboratorio, cioè basata sulla ricerca delle IgM anti-HAV. Questi anticorpi sono prodotti nelle fasi precoci dell’infezione, raggiungono il picco 1-2 settimane dopo la comparsa dell’ittero e diminuiscono nel corso di alcune settimane, seguiti dalla produzione di anticorpi IgG che di solito persistono per tutta la vita e proteggono dalla reinfezione.
L’ecografia addominale e le indagini radiologiche (TC, RM) in genere non evidenziano segni specifici di epatite virale A, ma sono comunque utili per escludere altre cause di ittero.
Il monitoraggio della malattia mediante il dosaggio seriato degli enzimi epatici e della bilirubina è indispensabile per valutare l’entità dell’infiammazione epatica ed il suo andamento. Utile anche la valutazione degli indici di funzionalità epatica per identificare precocemente la rara evoluzione verso l’insufficienza epatica acuta.
L’epatite A si può curare?
Non esiste alcun trattamento per l’epatite acuta A. L’alcol deve essere evitato perché può aumentare il danno epatico ma le altre limitazioni dietetiche non hanno alcuna base scientifica. Evitare ovviamente l’assunzione di farmaci potenzialmente epatotossici, come ad esempio il Paracetamolo e la Nimesulide.
L’importanza della vaccinazione
Il vaccino contro l’epatite A è raccomandato per tutti i bambini a partire dall’età di 1 anno.
Una vaccinazione pre-esposizione anti-epatite A deve essere prevista per gli adulti a maggior rischio, tra cui:
- Viaggiatori in Paesi con alta o intermedia endemicità per virus dell’epatite A, almeno 2 settimane prima del viaggio
- Personale dei laboratori diagnostici
- Omosessuali uomini
- Persone che fanno uso di droghe illecite
- Persone con epatopatie croniche perché hanno un rischio maggiore di sviluppare epatite fulminante
- Persone che prevedono uno stretto contatto con un adottato internazionale durante i primi 60 giorni dopo l’arrivo da un paese con alta o intermedia endemicità per virus dell’epatite A
- Persone che non hanno un alloggio stabile o che sono senzatetto
- Personale militare
- Personale dei centri di assistenza sanitaria agli immigrati
La profilassi post-esposizione deve essere somministrata ai familiari e alle persone che sono venute a stretto contatto con i pazienti affetti da epatite A.
Per i soggetti sani non vaccinati di età compresa tra 1 e 40 anni, viene somministrata una singola dose di vaccino per l’epatite A.
Per gli altri pazienti, come quelli vaccinati, quelli di età maggiore di 75 anni, con epatopatia cronica e gli immunocompromessi, le immunoglobuline standard possono essere somministrate fino a 2 settimane dopo l’esposizione, ma tanto prima viene effettuata la profilassi, tanto maggiore risulta l’efficacia.